Diventare mamma

È nata una mamma! Ma.. Avete mai realizzato quando è successo? Diventare madre è come un viaggio in cui si procede a tappe, un percorso assai ricco ed affascinante che implica una serie di luci ed ombre a livello emotivo, pratico, sociale; implica dei cambiamenti ad un livello di cui spesso si fatica a percepire la complessità. Oltre che al viaggio, l’esperienza della maternità può essere paragonata ad una grande avventura che, come tutte le grandi avventure, ha il potere di farci contattare i nostri lati più profondi, ed al tempo stesso fa esplorare, soprattutto a noi donne, aspetti inaspettati, lasciandoci diverse rispetto a come eravamo prima.

Anche la dimensione della “potenzialità” e quindi la sua pianificazione hanno aspetti importanti dal punto di vista psicologico: come nasce il desiderio di avere un bambino? Che fase sta attraversando la futura mamma? Questo processo in che modo viene condiviso con il partner/ futuro papà? Quanto tempo, quanti e quali tentativi sono stati necessari per restare incinta? È avvenuto senza averlo programmato o sono stati necessari diversi mesi/ anni prima di restare incinta? Tutte queste variabili, e soprattutto quanto la futura mamma si è sentita efficace nel poterli gestire, incidono su come lei vivrà la propria gravidanza e le sue prime esperienze col neonato.

Diventare madre implica infatti cambiamenti radicali della propria identità, anche solo a livello immaginativo o di pianificazione, ma vediamo che succede dal punto di vista psicologico dal momento in cui la neomamma (ed il neopapà in buona parte de casi) varcano per la prima volta la soglia di casa con il loro neonato: è è proprio in questa fase che i neogenitori, ma le neomamme soprattutto, sono sottoposte a molteplici e particolari sollecitazioni:

  • Biologiche: avvengono importanti variazioni ormonali
  • Psicologiche: collegate alle prime reazioni scaturite dal nuovo assetto di vita
  • Sociali e culturali: collegate alle aspettative circa il loro nuovo ruolo

Ciascuna donna risponde diversamente a seconda del contesto, della sua storia, di com’è andata la gravidanza, e dal sostegno di cui può usufruire, ma esistono alcune esperienze e sensazioni comuni alla maggior parte di chi attraversa questa particolare fase di vita.

Paure che nascono

“Riuscirò a garantire la sopravvivenza del bambino?”

É comune sentire nel racconto delle neomamme il desiderio di controllare il bambino mentre dorme per paura che smetta di respirare, oppure verificare costantemente la temperatura degli ambienti e la conseguente vestizione/ svestizione del neonato, piuttosto che la preoccupazione di sapere se sta mangiando abbastanza, soprattutto in caso di allattamento al seno, dove quanto mangia il bambino non è quantificabile.

“Sono una mamma naturalmente dotata?”

Sentirsi per la prima volta e davvero responsabile della sopravvivenza di un altro essere umano acquisisce un valore emotivamente molto intenso, anche perché collegato a un imperativo biologico che ci accomuna con il regno animale: sarò in grado di riprodurmi ed assicurare continuità alla mia specie facendo crescere il mio piccolo? Non che si viva con il pensiero esplicito di questo interrogativo, ma questi temi stanno alla base di molte delle prime incertezze che incontra una neomamma ai suoi primi passi.

“Siete messe alla prova a questo basilare livello di funzionamento biologico e dovete dimostrare di saper svolgere adeguatamente il compito. È una responsabilità spaventosa”, scrive Daniel Stern.

Provate a paragonare questo obiettivo con alcuni altri che la nostra società occidentale ritiene necessari e valutate come vi farebbe sentire il fatto di avere fallito come madre, piuttosto che ad esempio non riuscire sul lavoro, non avere successo sociale, quale di questi scenari vi suscita una reazione più intensa?

Queste paure hanno una funzione biologica importante: quella di ridurre al minimo le probabilità di rischi, incidenti o di piccoli/ grandi errori, e di portare buona parte dell’attenzione dei neogenitori sul costruire un ambiente accogliente e sicuro in cui accogliere il nuovo piccolo.

Queste paure, che potremmo chiamare istinto di sopravvivenza, gradualmente perdono intensità fino a rimanere latenti, pronte a riattivarsi in caso di un pericolo potenzialmente vicino.

Può succedere che in una piccola minoranza di madri queste paure diventano troppo forti e vivide: in questo caso non sono più positive e possono causare gravi ansie.

Oltre alle paure arriva presto un’altra importante sfida da non sottovalutare: la fatica. Non è infatti solo quella derivante dalla, piuttosto comune, mancanza di sonno. È quindi importante capirne la dinamica per affrontarla al meglio.

  • nella maggior parte dei casi sono le mamme a fornire cure primarie ai bambini, e quindi è da loro che ci si aspetta che ne abbiano la “responsabilità finale”: una parte di noi donne è sempre in gioco, se non a somministrare cure ad accudimento direttamente, a delegare a qualcuno di fiducia, e questo per i primi tempi avviene 24 ore al giorno. È qualcosa a cui non siamo abituate.
  • durante i primi mesi/ anno di vita i distacchi sono spesso solo parziali e all’inizio mai semplici, concretamente per quanto riguarda ad esempio il ritmo delle poppate e quindi come organizzare le ore di assenza fra tiralatte, o istruzioni al papà o ai parenti, ma non sono semplici neanche da punto di vista psicologico, anche se si cerca di lasciare il piccolo a persone fidate. Chi l’avrebbe mai detto?
  • I primi mesi i ritmi di vita di un neonato ed i suoi comportamenti sono imprevedibili: è cioè difficile predire cosa farà nel giro di mezz’ora. Solo dopo molti tentativi i cicli inizieranno a stabilizzarsi e avranno ritmi più regolari, consentendo alle neomamme una programmazione più semplice delle loro giornate.
  • non c’è modo di prepararsi a ciò che accadrà: non esistono corsi, addestramenti, che consentano di prefigurare come i neogenitori vivranno questa esperienza e si comporteranno.

Montagne russe di emozioni

L’impatto emotivo della responsabilità di sviluppare un legame d’amore con il bambino. Questa relazione infatti, a differenza di quelle che già come donne si conoscono, non si basa sul linguaggio, ma su tutta un’altra tipologia di scambi: interazioni affettive, motorie e comportamentali. Quello che il linguaggio comune chiama “istinto materno”, ovvero saper ascoltare e leggere i segnali che il bambino manda, sentire (prima ancora di sapere) cosa serve e fare e quando farlo.

Ogni neomamma sviluppa uno stile personale nel modo di stare con il bambino e di regolarne le esperienze: è parte di ciascuna di noi e resterà abbastanza costante nelle diverse routines: quando il bambino viene nutrito, o quando si gioca, o quando è necessario porgli dei limiti.

Con l’arrivo della maternità è comune trovarsi a riesaminare il modo in cui creiamo i rapporti, iniziare a porsi molte domande su che tipo di persona si è veramente.

Un altro aspetto importante della relazione madre bambino che si sta creando è la capacità di identificazione con il bambino. Identificarsi significa mettersi nei suoi panni, grazie all’empatia provare a farsi un’idea di che cosa starà provando, e successivamente avere la capacità di trasformare i vostri sentimenti per conformarvi a ciò che secondo voi gli sta succedendo in testa: ha fame/ sonno/ si annoia? Il risultato finale è che vi sembra di sapere come ci si sente da piccoli (quanto meno per un attimo) e, attraverso questa comprensione, è possibile riuscire a conoscere meglio il bambino ed aiutarli a sviluppare le sue potenzialità di sviluppo.

Per tutta questa serie di motivi, compresi forti variazioni ormonali (ad esempio il crollo dei valori di estrogeni e progesterone nel primo dopo parto)  le neomamme sperimentano una molteplicità di reazioni ed emozioni che, in una condizione di stanchezza fisica, le portano ad oscillare fra una grande gioia ad episodi di pianto, da un senso di appagamento alla confusione, da una condizione di pienezza a vissuti di smarrimento. La maggior parte delle donne riesce a contenere e gestire tali oscillazioni del tono dell’umore.

Considerando tutti i cambiamenti che si stanno affrontando, sentirsi scosse o con l’umore “ballerino” rientra in un processo di adattamento fisiologico a ciò che sta succedendo:  sono quindi esperienze diffuse, transitorie e non patologiche.

Qualche indicazione

  • Reazioni apparentemente esagerate o sbalzi di umore più forti del normale sono fisiologici: se li avvertite provate a confrontarvi con chi sentite vicino e ragionate su tutto quello che state affrontando provando a “normalizzarle” o a “sdrammatizzare”, e notate che effetto vi fa parlarne con qualcuno, se vi aiuta o le amplifica;
  • Se sentite il peso della fatica non esitate a chiedere sostegno al neopapà o a qualche familiare o amico;
  • Se riuscite ritagliatevi qualche tempo per voi, all’inizio anche solo il tempo di una doccia calda piò funzionare a ricaricare le energie;
  • Cercate il confronto con altre donne che stanno passando una situazione simile o che l’hanno già affrontata, sapere che è successo anche ad altri potrebbe aiutarvi a ridimensionare il fenomeno.

Altre donne possono invece manifestare una condizione connotata prevalentemente da sensazioni negative, la cui durata ed intensità non oscilla, ma sembra rimanere costante ed occupare buona parte delle giornate, influenzandone la qualità in modo persistente, ad esempio se questa fase di crisi in cui l’umore rimane negativo per la maggior parte del tempo ha una durata di più di un mese. In questo caso, anche se con difficoltà è opportuno valutare di chiedere aiuto e una valutazione esperta sulla situazione.

Il suggerimento è quello di forzarsi a superare vergogna e sentimenti di inadeguatezza, per chiedere aiuto, intanto ai familiari, o alle persone che si sentono vicine magari per sfogarsi o per un sostegno di tipo pratico, e poi di consultare un professionista della salute per valutare meglio la qualità e l’impatto di queste oscillazioni emotive e affrontarle costruttivamente senza permettergli di ledere la salute e la qualità del rapporto madre-bambino.

Altri nuovi equilibri da costruire: il rientro al lavoro

Le mamme cominciano a porsi il problema del ritorno al lavoro quando restano incinte per la prima volta e iniziano a prospettarsi il futuro. Di solito gli scenari immaginati sono:

stare a casa col bambino, lasciarlo ad un familiare, trovare un asilo nido. Poche donne sono in grado di predire con certezza come si sentiranno rispetto a questo aspetto e a come quando prenderanno questa decisione, qualsiasi essa sia e per quanto praticabile apparisse durante la gravidanza.

“Le soluzioni adottate da ciascuna donna per risolvere l’inevitabile conflitto tra lavoro e responsabilità verso il bambino sono cruciali per assicurare una felice integrazione tra la nuova identità materna e il resto della sua vita.” scrive Daniel Stern.

È difficile nella nostra società trovare una madre che non sia angosciata, depressa, in preda ai sensi di colpa, perplessa o profondamente ambivalente rispetto al problema della ripresa del lavoro.

Non esistono risposte prestabilite, non ci sono soluzioni perfette, permanenti, ma solo compromessi relativamente buoni o cattivi. Inoltre, ogni volta che arrivate a una soluzione, dovete essere pronte a modificarla entro breve tempo perché esiste sempre la possibilità di eventi inaspettati o di reazioni impreviste.

“L’aspetto più importante è infatti capire che cosa vi renderà più felice, più realizzata, e lottare per ottenerla. Non permettete che siano gli altri a dirvi che cosa dovreste fare o sentire. Se conoscete bene voi stesse e sapete quali sono le cose con cui potete convivere, troverete i compromessi che più si addicono alla vostra situazione. Nel lungo periodo, è molto probabile che le soluzioni migliori per voi si rivelino le migliori anche per il vostro bambino….Comunque sia, riescono a farlo crescere: forse non nel modo sperato, ma di certo sufficientemente bene. E questo compito viene svolto con scarso o nessun riconoscimento da parte della società, spesso con notevoli costi umani….Le neomadri dovrebbero rendersi conto che la morsa nella quale si trovano strette è causata da un mutamento storico nei comportamenti pratici e nei valori: gran parte della confusa situazione da loro vissuta è il riflesso di un problema più vasto che pervade la società nel suo complesso. Non sono deboli o incapaci, al contrario stanno impegnandosi al massimo per mantenere in equilibrio le loro diverse identità.”

Bibliografia e siti web consigliati

  • CentroPsicheDonna
  • “Nascita di una madre” Daniel Stern, Nadia Bruschweiler Stern, Alison Freeland Ed.: Mondadori
  • “Manuale di psicologia perinatale” a cura di P. Grusso e A. Bramante Ed.: Erikson