Inserimento alla scuola d’infanzia

bambini camminano x mano

Le nostre prime esplorazioni sono la materia prima della nostra intelligenza.
(Bruce Chatwin)

 

Come funziona l’inserimento

L’inserimento è il periodo in cui un bambino inizia la frequenza in un nuovo ciclo di scuola dell’infanzia: solitamente organizzato in modo che i bambini inizino accompagnati da un genitore e ad orario ridotto per consentirgli di ambientarsi. La sua durata è definita a priori dal gruppo di educatori della scuola, ma è variabile a seconda delle necessità di ogni singolo bambino e va di solito da qualche giorno a qualche settimana.

(Uso la parola bambino o figlio” in forma maschile considerandolo come un neutro per non dover scrivere ogni volta figlio/ a i figli* perché mi sembrano meno leggibili).

L’inizio della scuola d’infanzia provoca in noi genitori domande, curiosità ma anche paure.

Per sintetizzare una regola “aurea” che vale per ogni situazione di cambiamento che si affronta in famiglia: se di fronte alla fatica e alla frustrazione di nostro figlio noi genitori andiamo in crisi o ci preoccupiamo e ci lasciamo trascinare da queste sensazioni senza rifletterci, difficilmente sarà possibile transitare serenamente attraverso questa fase/ fare un buon inserimento, se invece si ha la convinzione che questo passo i bambini lo possono fare, allora il cambiamento sarà affrontabile in modo più sereno.

Che cosa significa per la coppia genitore-bambino l’inserimento

L’inserimento alla scuola dell’infanzia è un momento di separazione, momento importante in ogni legame di attaccamento.

L’attaccamento è quel legame affettivo che unisce il bambino alla figura che lo accudisce. Si tratta di un insieme di schemi emotivo-comportamentali innati che ci servono a sopravvivere nell’ambiente attraverso la vicinanza protettiva con una figura adulta di accudimento principale. Questi comportamenti hanno una funzione biologica di sopravvivenza: evocano emozioni potenti e profonde, che rimangono alla base dei legami emotivamente salienti di tutta la nostra vita.

Nel momento in cui un piccolo, dai 6 mesi di vita, si allontana dalla propria figura di riferimento per esplorare il mondo circostante, guarda l’espressione della madre: se è serena e lo incoraggia a continuare la sua esplorazione gli rimanderà che è un comportamento relativamente sicuro, fungendo per lui da “base sicura” verso cui tornare nel momento in cui necessita di cibo, vicinanza, o di essere rassicurato o consolato se qualcosa lo ha spaventato.

Questo schema emotivo-comportamentale è il medesimo che si attiva durante le prime separazioni: se la figura di accudimento è stata e rimane tranquilla anche il bambino, al netto di qualche tentennamento, lo rimarrà. I momenti delle prime separazioni spesso evocano anche in noi adulti quelle emozioni profonde connesse alla costruzione del legame con il nostro bambino, sentirci quindi un po’ più vulnerabili o in balia dell’emotività è comprensibile.

Se questo sentimento di vulnerabilità permane oltre qualche settimana o si trasforma in ansia o paura potrebbe valere la pena di approfondirne le cause, intanto parlando con la scuola e, laddove questo non fosse sufficiente, con un professionista.

Atteggiamento di noi genitori

Ci sono alcune domande importanti che come genitori in questa fase dobbiamo farci:

  • X quali motivazioni abbiamo deciso di far iniziare il percorso scolastico a nostro figlio? Per questioni dipendenti da variabili organizzative/ familiari / di lavoro da cui siamo vincolati, oppure perché crediamo che sia un’opportunità di crescita per lui?
  • Che effetto ci fa pensare a nostro figlio a scuola? Positivo o negativo? (è possibile anche entrambi).
  • Quali ricordi ci evoca? Di noi da piccoli, delle nostre prime amicizie, giochi divertenti, oppure di momenti faticosi?

Un’altra domanda importante: come vediamo nostro figlio?

Ci sembra un tipo spigliato? Viceversa un tipo “lento a scaldarsi” nelle situazioni sociali? E’ vivace oppure tranquillo? Ci sembra curioso? Pensiamo che “possa farcela”?

Queste domande sono importanti perché influenzano potentemente i nostri sentimenti e quindi con quale atteggiamento attraverseremo l’inserimento insieme: se saremo tendenzialmente preoccupati, o ad esempio sollevati, se pensiamo che nostro figlio possa affrontarla serenamente o se temiamo che l’inizio della scuola sia per lui una sfida difficile da affrontare, oltre le sue capacità.

In base alle nostre emozioni e credenze ci creeremo infatti delle aspettative, di cui saremo più o meno consapevoli e che guideranno le nostre reazioni. Se le riconosciamo saremo in grado di calibrarci meglio come genitori e non rischieremo di trasmettere i nostri dubbi e preoccupazioni ai nostri figli.

E quindi?

Cercare di sgombrare la testa dalle nostre aspettative e pensieri.

Se proviamo timori possiamo provare a parlare con l’altro genitore o con altri adulti: aiuta non parlarne con il bambino per limitare l’effetto “contagio” (comunque inevitabile perchè i bambini colgono di più gli aspetti non verbali degli scambi con loro e l’emotività piuttosto che ciò che diciamo esplicitamente loro a parole) o per non sovraccaricarlo con nostre preoccupazioni: lui ha già un compito estremamente importante per il suo sviluppo, ambientarsi ed iniziare a rapportarsi con gli educatori e con i coetanei, se questo avviene con la massima spontaneità, senza troppe sovrastrutture dettate dall’ambiente familiare.

Come favorire l’inserimento

Semplificando la regola “aurea” di cui sopra: se noi genitori siamo sereni, anche inostri figli lo saranno.

In ogni caso la “crisi” ad un certo momento è inevitabile: prima o dopo il bambino sperimenterà un momento di difficoltà derivante dal cambiamento: è una reazione normale, necessaria all’assimilazione di tutto quanto di nuovo sta sperimentando, dal dispiacere di lasciare una vecchia abitudine (nostalgia), dalla paura di qualcosa di nuovo, oppure dalla rabbia per la fatica derivante dal nuovo ritmo.

Un momento di crisi è inevitabile: in fin dei conti il nostro bambino smette di essere il principe indiscusso di casa e deve iniziare a dividere tutte le attenzioni a cui è abituato con almeno una ventina di coetanei. In questo modo inizierà a scegliere le situazioni, gli amici che gli sono più congeniali, a muovere i primi passi nella socialità. Sarà immerso in un mondo di relazioni, in cui imparerà a condividere giochi e spazi, a difendersi, a farsi capire:

Cerchiamo di trovare un “lato positivo” dell’esperienza dei primi giorni di inserimento da condividere con nostro figlio, anche chiedendogli cosa gli è piaciuto.

Se un lato positivo non c’è, non forziamo i tempi, aspettiamo provando a metterci tutta la nostra fiducia: arriverà a suo tempo. Stiamo semplicemente in ascolto. Cercando di mantenere serenità e fiducia nelle capacità di nostro figlio noi per primi.

Riti e saluti

lI rituali sono una strategia per rendere più prevedibile una situazione ed in fasi di grande cambiamento possono aiutare i piccoli ad abituarsi a nuove abitudini più velocemente.

Sappiamo cosa piace fare al nostro bambino al risveglio? Scatta in piedi pronto a giocare, oppure è un dormiglione? Cerchiamo soprattutto per le prime settimane di organizzare i nostri orari in modo da trascorrere il tempo della preparazione a casa senza fretta ed includendo qualche piccolo rituale che possa mettere il buon umore a tutti. A volte anche solo darsi il tempo necessario anticipando la sveglia di 20 minuti può fare la differenza nel renderci meno trafelati e quindi più sereni.

All’arrivo a scuola è bene continuare con la calma sufficiente, salutare il bambino tranquillamente con una piccola coccola ed allontanarci.

No a:

  • incertezze del tipo esco e rientro
  • minacce del tipo se non fai lil bravo/ se non smetti di piangere allora subirai delle conseguenze
  • uscite di nascosto. Non è opportuno “scappare” senza che il bambino se ne accorga: rischiamo di trasmettergli un’idea di noi come imprevedibili. I bambini hanno esigenza di sapere cosa li aspetta dopo, ed un genitore che scompare non trasmette sicurezza. Perdiamo inoltre un’importante momento di comunicazione con nostro figlio e non gli consentiamo di imparare a fare altrettanto.

Se vediamo che il nostro bambino è in difficoltà chiamiamo un educatore (se già non è disponibile per lui) e chiediamogli supporto. Aspettare e vedere nel giro di qualche giorno come la situazione si evolve aiuterà poi sia i genitori sia gli educatori a capire e concordare insieme le modalità migliori di saluto per quel bambino una volta capite le sue difficoltà.

Anche nel momento del congedo un piccolo rituale che si ripeta sempre uguale aiuta a dare stabilità e prevedibilità quindi a rendere più sereno il momento.

Riabbracciarsi e condividere l’esperienza della scuola

Nel momento in cui ci si rivede viene spontaneo ai più scambiarsi un saluto affettuoso, e dedicare un momento di attenzione tutto per il bambino per sapere come ha trascorso la giornata.

Meglio non stare troppo focalizzati su aspetti specifici tipo il cibo, la nanna, o “hai fatto il bravo?”. Si può provare ad impostare il discorso su: quale gioco ti è piaciuto di più o di meno?

Un piccolo segreto è usare domande aperte. Queste stimolano un confronto su toni neutrali piuttosto che giudicanti aiuta a costruire una comunicazione franca e serena. Questo, se portato avanti in modo tranquillo da parte dei genitori è un primo modello di racconto della propria esperienza che servirà al bambino per imparare a raccontare di sé. Se improntiamo questo confronto in termini indagatori o giudicanti non lo invogliamo a raccontarci di sé.

In linea teorica sembra semplice ma di fatto, se ci guardiamo un attimo “da fuor i nostri scambi sono altamente filtrati da come stiamo e da eventuali preoccupazioni che si affacciano nella nostra testa di genitori che ci fanno spesso propendere per un atteggiamento se non preoccupato, un po’ teso o indagatorio.

Evitare paragoni soprattutto se riduttivi verso le capacità di nostro figlio esempio: guarda come è bravo/ tranquillo/ educato il tuo amico, mentre il bambino fa il diavolo a quattro o si scioglie in lacrime.

Aiutarlo a comunicare le sue emozioni

Per i bambini in età pre-scolare i genitori sono il principale riferimento emotivo, ciò significa che, pur ovviamente avendo una vita emotiva propria ed assolutamente indipendente (ci mancherebbe!) sono molto sensibili alla nostra vita emotiva: li “contagiamo” con i nostri umori e stati d’animo.

Questa sorta di ”contagio” ha una funzione biologica molto importante, serve a loro x imparare a comportarsi nel mondo capendo cosa è desiderabile e cosa no, cosa è pericoloso e cosa ricercare leggendolo dalle nostre reazioni ed espressioni facciali.

Come ci “scambiamo emozioni”? In sintesi:

Ascoltiamo

Accogliamo

Reagiamo: se manifestiamo entusiasmo rinforziamo le prime conquiste relazionali che nostro figlio ci racconterà. Attenzione: entusiasmo se lo proviamo veramente dentro di noi.

Se il bambino piange o si arrabbia?

Ascoltiamo, conteniamo le sue reazioni fisicamente per dargli sollievo o consolarlo, chiediamogli le motivazioni del suo comportamento.

Cerchiamo di trattenerci dal suggerirgli cosa dovrebbe provare o reagire. Facciamolo sfogare, e quando si tranquillizza, o quando ci saraà possibile avere un momento di calma insieme (al rientro a casa, o il giorno successivo) proviamo a capirne il motivo parlandogli.

Solo allora, quando avremo chiaro la sua motivazione, potremo ragionare bene sul da farsi.

Rapporto con la scuola

Quando inizia un nuovo ciclo può essere più faticoso anche per noi genitori perché senza conoscere la scuola, le sue regole, gli educatori, possiamo non sapere a chi o come rapportarci. All’inizio di ogni ciclo scolastico è importante muoversi attivamente per chiedere a chi si può fare riferimento: questo ci aiuterà a colmare parte di quei dubbi, curiosità, insicurezze spesso inevitabili in una fase di grande cambiamento e gli educatori saranno in grado di darci le informazioni di cui abbiamo bisogno per sentirci più sereni e ci aiuteranno a trovare le strategie migliori per attraversare la fase dell’inserimento.

Paura della separazione

Se durante l’inserimento nostro figlio piange disperatamente e non accenna a volersi separare da noi? Come scrivevo sopra un momento di crisi è inevitabile, d’altronde il cambiamento è importante.

Dove la “crisi” alla separazione sembra persistere oltre alcune settimane con pianti, agitazione, rifiuto di andare a scuola richiede un’attenzione speciale.

Noi come genitori fungiamo da mediatore emotivo fra il bambino ed il mondo che sta andando ad esplorare: è importante che ci domandiamo che cosa ci preoccupa e che cerchiamo di acquisire una modalità maggiormente serena verso questa fase di cambiamento.

Per quanto riguarda i bambini: la separazione o un maggiore allontanamento dalle figure di riferimento genera disagio e preoccupazione. Nel momento in cui questo disagio viene accolto da parte della scuola nella figura degli educatori può stemperarsi.

Prima che questo avvenga il bambino può sperimentare diversi tipi di timori: paura degli estranei e difficoltà a socializzare, paura di essere “dimenticato” cioè di non vederci tornare a prenderlo da scuola.

Alcuni suggerimenti:

  • manteniamo un atteggiamento calmo: è necessario tirare fuori tutta la pazienza e comprensione di cui siamo capaci, oltre al fatto di non farci destabilizzare provando rabbia, dispiacere o senso di colpa nel lasciarli: i nostri figli per sentirsi sicuri devono prima di tutto cogliere quella stessa sicurezza nei nostri atteggiamenti. Se questo non ci è possibile facciamoci aiutare: dal partner, dagli educatori e se ciò non fosse sufficiente, da un professionista
  • rassicuriamo il bambino sul fatto che ce la può fare (avendo anche noi internamente questa convinzione, altrimenti il bambino coglierà un’incoerenza fra ciò che gli diciamo e ciò che gli trasmettiamo con gesti, postura, emotività)
  • concordiamo insieme agli educatori un rito rassicurante per il momento del saluto al bambino
  • ricordarci che sostenere la sua autonomia significa alimentare il suo senso di efficacia, la sua percezione di potercela fare da solo e che spesso frustrazioni e dolori appena giriamo l’angolo spariscono e vengono gestite: in questo modo alimentando in lui il senso di efficacia:.Scopriremo così che queste nostre preoccupazioni non hanno ragione d’essere
  • costruiamo prevedibilità: prendendoci del tempo in più prima e dopo la scuola con calma, per ricordare al bambino cosa succederà durante la giornata e facendoci raccontare come ha trascorso la sua.

di Irene Sabelli

Mi chiamo Irene Sabelli e come psicologa psicoterapeuta costruisco insieme alle persone percorsi di cambiamento. Coltivo l’ambizione di provare ad avvicinare il mondo della psicologia e psicoterapia alla quotidianità, raccontandole attraverso articoli divulgativi.

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